La degenerazione retinica

di Renato Meduri

Effetti dell’invecchiamento precoce delle cellule.

Le retinopatie degenerative sono patologie importanti in quanto possibile causa di deficit visivi gravi. Anche se ben trattate e descritte in testi medici dell’Ottocento, solo nell’ultimo decennio, grazie soprattutto alla medicina molecolare, si sono acquisite conoscenze importanti sulle loro cause e, quindi, sulla prevenzione ed il trattamento.
L’occhio può essere paragonato ad una macchina fotografica. La porzione anteriore, che è quella che noi vediamo quando noi ci guardiamo negli occhi (cornea, sclera iride, cristallino), corrisponde all’obiettivo. La pellicola corrisponde invece alla retina.primo piano di un occhio
Questa è costituita da più strati di cellule tra loro collegate in maniera assai precisa. Ha la particolarissima caratteristica di trasformare l’impulso luminoso che gli giunge attraverso la pupilla in stimolo nervoso che viene inviato al cervello attraverso il nervo ottico.
Questa funzione di traduzione è però estremamente impegnativa per le cellule e richiede un importante consumo di energia. Per una cellula giovane non ci sono problemi ma, quando, una cellula comincia a diventare adulta questo impegno lavorativo diviene gravoso e la cellula invecchia e muore. Essendo le cellule prive di capacità rigenerativa il loro numero si riduce vistosamente.
Da cento milioni di cellule dell’adolescente si passa a sessantacinque milioni del sessantenne. Se la cellula è costituzionalmente debole l’invecchiamento si manifesta prima.
Questo processo di invecchiamento precoce limitato alla retina è sostanzialmente alla base di tutte le forme di degenerazione retinica che sono caratterizzate da una morte più o meno precoce di un più elevato numero di cellule e quindi, da una proporzionale riduzione della vista.Medico oculista con anziano paziente
Ovviamente il fenomeno è limitato alla retina in quanto il soggetto può mantenersi in splendida forma fisica e mentale.
La retinite pigmentosa è una malattia dovuta ad alterazione di geni e quindi del DNA. Anche l’invecchiamento è genetico: se uno ha genitori longevi ha buone probabilità di vivere a lungo: è tutta questione di DNA.
Se immaginiamo le cellule della retina come case di cui la stanza più interna ospita ingegneri e tecnici impegnati nella progettazione e costruzione dei singoli particolari dai mattoni alle finestre che poi vengono assemblati per la costruzione della casa, abbiamo un buon esempio di cosa sono e fanno i geni: progettano e costruiscono tutti i particolari che servono per la costruzione e manutenzione della casa.
Se uno degli ingegneri o dei tecnici progetta o assembla male uno dei particolari costruttivi, i muri, le finestre, il tetto o gli impianti idraulici della casa presenteranno un punto debole.
Questo punto debole comporterà cedimenti più o meno importanti che potranno mettere in crisi l’affidabilità e la stabilità della casa.
Esattamente ciò che si verifica in una cellula quando uno o più geni non siano in grado di fabbricare proteine enzimatiche o di struttura necessarie alla cellula.
È luogo comune ormai consolidato che il destino genico non sia modificabile; viceversa, gli agenti esterni contribuiscono in maniera significativa ad allungare o accorciare la vita di una casa con difetti di costruzione.
Di fatto, se la casa è esposta a pioggia, vento, sole, umidità i cedimenti strutturali risulteranno anticipati; se viceversa alla casa saranno evitate sollecitazioni negative, essa durerà decisamente più a lungo.
Anche per le cellule della retina la vita sarà più lunga se si eviteranno esposizioni a fattori di rischio quali: la luce ed i famosi radicali liberi o se saranno forniti alla cellula sostanze e nutrienti utili al suo equilibrio.
Ad esempio, in specifiche forme di retinite pigmentosa, in cui sono carenti i geni che gestiscono l’apporto o l’utilizzo della vitamina “A”, risulta decisamente utile la somministrazione della stessa avendo cura di dosarla periodicamente nel sangue per evitarne il sovradosaggio.
Opportune, anche, determinate molecole che migliorano le capacità di ossidazione della cellula (quali la Levocarnitina comunemente adottata per il miglioramento delle prestazioni muscolari). Una sorta di rivoluzione deriva dalla possibilità di uso clinico di molecole particolari: i fattori di crescita.
Trattasi di un’ampia classe di proteine la cui azione è stata individuata dalla Levi di Montalcini; potremmo definirle le molecole della vita, in quanto impediscono efficacemente la morte di cellule in crisi. In termine tecnico sono molecole anti-apoptosiche. I cardiologi, dermatologi e i neurologi ne usufruiscono sempre di più: cuori infartuati, epidermidi distrutte, cervelli con patologie degenerative ne traggono benefici solo da qualche anno.
A livello sperimentale, se somministrate in occhi con retinite pigmentosa, ne bloccano l’evoluzione. Potenzialità terapeutica come per altre malattie degenerative prospettano le cellule staminali che per la retina tuttavia si delineano di applicazione non agevole.
Certo, non si guarirà dalla turba genica, così come non si guarisce dal diabete facendo l’insulina, però si rallenterà in maniera più o meno significativa la rapidità evolutiva. Di fatto la terapia risolutiva sarà solo genetica.
È importante in particolare la genetica molecolare che già oggi permette l’individuazione esatta del gene anomalo e quindi il preciso difetto di costruzione in circa l’85% dei paziente. È un passo importante per la sostituzione del gene malato che si delinea quale prospettiva concreta anche se non immediata.
Già adesso tuttavia l’individuazione del gene permette a una certa percentuale di casi l’attuazione di terapie più mirate. Utile anche la semplice genetica medica, cioè lo studio dell’albero genealogico. Bisogna infine sottolineare come il rischio di prole affetta sia maggiore in caso di genitori consanguinei.
Esistono moltissime forme di retinite pigmentosa e anche nell’ambito della stessa famiglia si possono avere sintomatologie diverse. Il sintomo più caratteristico è tuttavia l’EMERALOPIA cioè la difficoltà di adattarsi alle basse luminanze: bambini che al tramonto smettono di giocare; difficoltà quando si entra in ambienti oscurati come ad esempio una sala cinematografica di orientarsi ecc.