Un musicista in mezzo

di Maria Chiara Mazzi

Adriano Banchieri monaco e musicista, innovatore e nostalgico.

Immaginiamoci Bologna tra fine Cinquecento e inizio Seicento. La città è, dal punto di vista musicale e culturale, un crocevia interImmagine di Adriano Banchierinazionale (grazie anche all’Università), una vera e propria fucina, un crogiuolo di idee, di discussioni teoriche, di elaborazioni pratiche.
Bologna è ricchissima di accademie, cioè di associazioni create dalla nobiltà, di solito ospitate in case private e frequentate da uomini di cultura che si riunivano per comporre poesie, discutere di codici d’onore, allestire spettacoli teatrali, suonare, ballare, a qualsiasi livello. Queste Accademie (potremmo quasi paragonarle ai circoli culturali di oggi) avevano nomi singolari e bizzarri come l’Accademia degli Ansiosi, dei SFoto di San Michele in Boscoonnecchiosi, degli Ardenti, dei Torbidi, degli Inquieti, e, successivamente dei Filarmonici (ancora attiva). Tra queste una, in particolare, riesce in quel momento ad acquistare notevole importanza, quella dei Floridi (divenuta poi dei Filomusi e confluita a metà del Seicento nella già nominata Accademia Filarmonica), fondata dal compositore teorico e letterato Adriano Banchieri nel 1615 nel convento di San Michele in Bosco, dove nel 1620 fu ospitato anche Claudio Monteverdi.
Strano personaggio davvero, tipico esempio dell’eclettismo Locandina del 600 - evento musicalebolognese, Adriano Banchieri, (o Camillo Scaligeri della Fratta, o Attabalippa del Perà, a leggere gli pseudonimi che utilizza nelle sue numerose pubblicazioni), nasce a Bologna il 3 ottobre 1568 e viene battezzato col nome di Tommaso, che cambierà in Adriano prendendo gli ordini benedettini nel monastero olivetano di San Michele in Bosco. Nel monastero il dotto resterà fino alla morte (1634), sarà organista e svolgerà la sua attività di compositore, scrittore, studioso, teorico musicale (una curiosità: è lui che ha introdotto l’uso delle stanghette verticali che separano le battute musicali nelle partiture).
La sua produzione rispecchia questo eclettismo: letterato vernacolare (scrisse, con lo pseudonimo di Camillo Scaligeri della Fratta e Attabalippa del Perà, commedie in bolognese e il seguito del Bertoldo, raccontando le avventure del meno fortunato Cacasenno), ma soprattutto musicista, Banchieri rispecchia il momento in cui il vecchio modo polifonico di fare musica, stava lasciando il posto al nuovissimo melodramma, alla musica strumentale, allo spettacolo pubblico.
Frate Adriano è, invece, un nostalgico incerto; rimpiange il mondo in cui la musica era destinata solo a colti intenditori, ma non sa rinunciare del tutto alle nuove opportunità. Così scrive cicli di madrigali, che sono una forma vecchia in confronto al melodramma, ma usa, al posto dell’aulico toscano, i dialetti (e non solo il bolognese), pubblica canzonette, ma prende in giro la tradizione, mettendo nella musica le maschere della commedia dell’arte. La sua invenzione più originale, in questo senso, è quella del madrigale drammatico, una composizione per iniziati, che ignora la musica vocale solistica, usa la polifonia, ma raccontando tuttavia di un mondo legato profondamente alle radici popolari del carnevale. Una sorta di teatro polifonico, con contenuti e personaggi della Commedia dell’Arte, nostalgico e nuovo insieme, ultima espressione di un mondo che di lì a poco sarebbe scomparso definitivamente.