FILM! CHE EMOZIONE...

I film, fino ad ora realizzati per essere visti, risultano il più delle volte di difficile comprensione per i non vedenti o per gli ipovedenti a causa della loro minorazione visiva. Ne deriva un disagio culturale dovuto all'impossibilità di fruire in piena autonomia del vasto patrimonio culturale offerto dalla cinematografia nazionale ed internazionale. Far sì che i contenuti, le immagini e le emozioni che un film trasmette possano essere recepite in pieno anche dai non vedenti è un traguardo ora possibile grazie allo sforzo di strutture pubbliche e private che operano nel settore.

Federico Bartolomei


Il Prof. Roy Menarini, noto critico cinematografico, ha commentato con noi lo stato dell'arte del cinema in tema di disabilità:

Il cinema fin dalla sua nascita, ha trattato il tema della disabilità, come sono cambiate le cose negli anni?

Dalla nascita del cinema non credo che le cose siano cambiate, ora c'è una coscienza sociale più sviluppata, è cambiata la sensibilità e quindi si cerca di usare più tatto, ma lo schema rimane lo stesso: il processo di identificazione dello spettatore con la persona sfortunata per farlo piangere.
Le origini del cinema sono melodrammatiche, quindi ci sono sempre dei personaggi che patiscono, che soffrono, perché questo è alla base del melodramma.
La cieca del film di Chaplin Luci della città è di fatto il Chaplin comico che vuole fare piangere, utilizzando una ragazza bellissima in una condizione di sofferenza. Altre volte diventa interessante rappresentare come un minorato se la cava in una situazione di difficoltà, come ne Gli occhi della notte, un film della fine degli anni '50 con Audrey Hepburn, dove una cieca cerca di difendersi da sola contro una banda di malviventi che cerca di recuperare la droga che lei inconsapevolmente trasporta.
Mi sembra di poter dire che soggetti non vedenti siano più presenti di altri disabili nel cinema.

Sicuramente la disabilità visiva è favorita rispetto ad altre patologie, perché intenerisce di più lo spettatore; inoltre una cieca può essere bellissima, mentre diventa più difficile rappresentare la bellezza se uno è in carrozzina o senza qualche arto o ha un ritardo mentale.

E si può anche ridere con la disabilità; il caso più recente è Hollywood Ending, dove Woody Allen, con la sua comicità interpreta un regista che diventa cieco ma riesce a finire lo stesso il film.
In questo modo Woody Allen cerca di dimostrare che non necessariamente un film deve essere visto, ma che lo si può raccontare e rappresentare coinvolgendo altri sensi.

Quando un film tratta il tema della disabilità, la persona disabile è protagonista o diventa un elemento accessorio che può anche essere eliminato senza incidere troppo sulla trama?

Un disabile difficilmente è protagonista, più spesso è sfruttato per far piangere alla stregua di qualunque altra situazione di debolezza.
Abbiamo 100 anni di cinema alle spalle e le cose non sono di fatto mai cambiate, mentre sarebbe più interessante un cinema fatto da disabili per disabili.
Qualcuno ha provato a percorrere questa strada già negli anni '60, come Marco Bellocchio con il famoso film Matti da slegare.
Il teatro sta lavorando in questo senso già da un po' di anni, mettendo in scena disabili in tutti i ruoli, con o senza attori normodotati, ma è lo sguardo dello spettatore che deve cambiare, altrimenti gli schemi rimangono gli stessi.

Mi può citare qualche altro film?

Se devo citare alcuni film che parlano di questo tema mi viene in mente L'ottavo giorno di Jacob Van Dormael, un film del 1976 dove il protagonista è un down, A prima vista un film di Irwin Winkler del 2000, dove un cieco si opera e finalmente riesce a vedere per poi accorgersi che preferisce ritornare cieco.
Poi Bad Boy Bubby, un film australiano con un disabile mentale che si comporta in maniera stravagante ma un film sincero della metà degli anni '90.

Si può dire che il cinema non ha cambiato molto la rappresentazione della disabilità, ma di disabili trattati come fenomeni da baraccone di fatto non ce ne sono più.

Ora come allora sono ultilizzati a fini melodrammatici senza alcun interesse per la loro condizione. Mi stavo dimenticando di citare il famosissimo e forse ancora insuperato per l'intelligenza con cui viene trattata la disabilità: Freaks del 1932, di Tod Browning, dove vediamo i fenomeni da baraccone del circo ribellarsi alla normalità.

C'è differenza tra il cinema americano e quello europeo anche su questi temi?

Sicuramente si, il cinema americano dà sempre l'impressione di occuparsi di cinema politically correct, parla cioè di un tema soprattutto perché fa parte dell'agenda sociale, e quindi se ne deve parlare. Il cinema europeo invece è ancora basato sulla figura dell'autore e quindi svincolato da certe logiche.

In Hollywood Ending il regista, interpretato da Woody Allen, ha dovuto terminare le riprese di un film impossibilitato a vedere, quindi ha dovuto trovare degli accorgimenti per utilizzare un mezzo tradizionalmente di rappresentazione visiva. Si può fare un cinema per i ciechi, o comunque fruibile anche dai non vedenti?

Apparentemente sembra un paradosso, ma invece può funzionare. Come esistono le trasmissioni radiofoniche adattate per ciechi, così deve valere anche per il cinema.
Fin dalle sue origini una scuola di pensiero considera il cinema solo basato sulla riproduzione fotografica del reale, mentre
un'altra teoria, di origine surrealista, (Bunuel, Kyrou già negli anni '20) intende il cinema invece come un linguaggio completamente onirico, dell'immaginario assoluto.
In questa ottica ci può essere un'idea di cinema per i ciechi, e io sono di questa linea, anche perché con il digitale si perde il concetto della riproduzione fotografica, slegando il cinema dalla mera rappresentazione della realtà.
In Adrenaline, un film francese dei primi anni '90, in una scena tanti ciechi in fila vanno al cinema: e questa non era una crudeltà, è una cosa possibile perché io personalmente conosco ciechi che vanno al cinema.

- torna all'inizio -