CONVENZIONE
UNIVERSALE PER I DIRITTI DELLE PERSONE DISABILI

Le Nazioni Unite si apprestano a promulgare una convenzione internazionale per promuovere e tutelare i diritti delle persone disabili.

Rodolfo Cattani

Il dibattito all’interno delle Nazioni Unite a proposito di una convenzione tematica sui diritti delle persone disabili non è nuovo. Il tema della disabilità è venuto alla luce più volte nella storia dell’ONU.
Negli anni ’70 ci sono state la Dichiarazione sui Diritti delle Persone Ritardate Mentali e la Dichiarazione sui Diritti delle Persone Disabili, i primi documenti nei quali sono stati riconosciuti in modo esplicito i diritti di queste persone. Queste dichiarazioni rappresentavano dei primi, significativi passi verso l’affermazione di tali diritti, ma si basavano su antiquati modelli clinici e assistenziali della disabilità e per questo motivo furono criticati.
Alla fine degli anni ’80 vennero approvati i Principi per la Protezione delle Persone con Malattie Mentali e per il Miglioramento della Cura della Salute Mentale e nel 1993 seguirono le Norme Uniformi per le Pari Opportunità delle Persone con Disabilità.
Tutti questi documenti, pur avendo contribuito ad una migliore comprensione da parte della comunità internazionale dell’importanza di sancire i diritti delle persone disabili, non hanno tuttavia alcun valore vincolante per gli Stati membri dell’ONU e non contemplano alcuna misura di verifica sul rispetto dei diritti nei vari Paesi.
Partendo da questa constatazione, per impulso di alcune organizzazioni di persone disabili, deluse per gli scarsi risultati dell’Anno Internazionale delle Persone Disabili (1981) e del successivo Programma Decennale Mondiale d’Azione iniziato nel 1982, un gruppo di esperti propose che le Nazioni Unite adottassero una Convenzione, ovvero uno strumento giuridicamente vincolante per tutti gli Stati membri. In questo contesto, nel dicembre del 2001 il Governo messicano sottopose all’Assemblea Generale una bozza di risoluzione e la proposta di costituire un comitato tecnico ad hoc per considerare delle proposte per un’ampia ed integrale convenzione internazionale per tutelare e promuovere i diritti e la dignità delle persone con disabilità.
La risoluzione fu approvata all’unanimità e anche le Commissioni per lo Sviluppo Sociale e per i Diritti Umani si espressero favorevolmente. Il Comitato tecnico ha tenuto la sua prima riunione dal 29 luglio al 9 agosto 2002 formulando alcune raccomandazioni per favorire un’ampia partecipazione alla preparazione della bozza di convenzione.
Le Nazioni Unite stimano che più di mezzo miliardo di persone in tutto il mondo sono disabili a causa di minorazioni fisiche, sensoriali, mentali e psichiche. In qualsiasi luogo del pianeta esse vivano, le loro vite sono spesso condizionate da barriere di ogni genere.
La maggior parte delle persone disabili vive nei Paesi in via di sviluppo dove alla presenza della disabilità si aggiungono la povertà, la carenza di servizi sociali e l’inadeguatezza dell’istruzione.
Gli strumenti fondamentali per la tutela dei diritti umani sono la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e la Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici e sui Diritti Economici, Sociali e Culturali, le quali affermano che i diritti dell’uomo sono propri di tutti gli esseri umani e che ogni persona ha titolo di goderne senza alcuna distinzione e limitazione. Uguale titolo a godere di tali diritti hanno ovviamente, le persone disabili, senza alcuna discriminazione diretta o indiretta.
Alla base di tutti gli strumenti dell’ONU per i diritti umani vi è il principio di qualità, secondo il quale anche le persone con disabilità devono poter esercitare i propri diritti nel rispetto della loro effettiva uguaglianza con le altre persone. Negli ultimi anni vi sono stati notevoli progressi, ma vi sono tuttora delle limitazioni che impediscono alle persone disabili di partecipare pienamente alla vita della società. Bisogna, quindi, chiedersi se la tutela attualmente prevista dagli esistenti strumenti per i diritti umani sia adeguata oppure no anche per le persone disabili.
La comunità internazionale sembra orientata a riconoscere che le persone disabili hanno gli stessi diritti di tutti gli altri cittadini, così come sancito anche dalla Conferenza sui Diritti dell’Uomo di Vienna del 1993.
Tuttavia, nella realtà quotidiana ciò non è affatto pacifico. Il divario tra la teoria e la pratica è molto rilevante.
Il Referente Speciale della Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, nella sua relazione su Diritti umani e disabilità ha ricordato che nella maggior parte dei Paesi le violazioni dei diritti umani nei confronti delle persone disabili hanno il carattere di discriminazione inconsapevole che comprende la creazione e il mantenimento di barriere prodotte dalla stessa società umana, tali da escludere i disabili dalla partecipazione sociale, economica e politica nelle rispettive comunità.
La maggior parte dei governi mostra una comprensione assai limitata delle esigenze e dei diritti delle persone disabili, che sono trascurate sia dalla politica, sia dalla legislazione.
Da qui scaturisce la necessità di uno strumento veramente vincolante per tutelare concretamente i diritti umani di ogni persona. Le ragioni che giustificano questa considerazione sono che si preciserebbero meglio i termini della discriminazione e si favorirebbe la comprensione che anche la questione della disabilità rientra nella dimensione dei diritti umani.
Il fatto che si tratti di un documento giuridicamente vincolante, diversamente dalle norme uniformi, contribuirebbe a chiarire quali siano precisamente i diritti delle persone disabili, eliminando qualsiasi dubbio in merito. Così facendo si renderebbe meno facile la discriminazione e si metterebbero le persone disabili alla pari con altri gruppi che hanno già una convenzione che ne tutela i diritti, come le donne e i bambini. Infine, verrebbe anche rafforzata la base giuridica e si favorirebbe l’applicazione di norme uniformi.
La convenzione di cui si tratta dovrebbe chiaramente definire la sfera dei diritti umani, che tutte le persone disabili possono attendersi, indipendentemente dalle loro diverse caratteristiche (nazionalità, sesso, religione, opinione, posizione sociale o economica,ecc); essa dovrebbe avere la forza e la chiarezza necessarie per fornire un modello in base al quale le persone disabili possano valutare il proprio livello di inclusione sociale ed essere incorporata nelle costituzioni degli Stati membri; deve poter essere utilizzata dalle singole persone disabili per determinare se i loro diritti siano stati violati; deve consentire alle Agenzie delle Nazioni Unite di verificare in quale misura gli Stati firmatari assicurano alle persone disabili il godimento dei diritti umani.
L’Unione Mondiale dei Ciechi (WBU), che rappresenta circa 180 milioni di persone minorate della vista appartenenti a circa 600 organizzazioni diverse di 158 Paesi, ha seguito con molto interesse i lavori preparatori della Convenzione. La sua posizione è illustrata nel Manifesto Uguali diritti e piena integrazione quali cittadini del mondo. La WBU collabora con le altre organizzazioni mondiali delle persone disabili che compongono la International Disability Alliance (IDA).

I principi fondamentali da inserire nella Convenzione dovrebbero essere, secondo la WBU, tali da assicurare che le persone minorate della vista, insieme con le altre persone disabili, possano avere:
- il diritto fondamentale alla piena inclusione sociale in quanto cittadini a pieno titolo;
- la libertà di decidere della propria vita in assoluta autonomia e di sviluppare tutte le loro potenzialità (economiche, sociali, culturali, civili e politiche);
- il diritto alla piena partecipazione a tutti gli aspetti della vita della comunità a cui appartengono, in condizioni di piena uguaglianza con gli altri concittadini;
- il diritto alla proprietà, alla famiglia, all’autodeterminazione e all’autorappresentatività;
- il diritto alla dignità, alla tolleranza e all’inclusione;
- il diritto alla vita e, conseguentemente, il divieto dell’aborto terapeutico basato sulla diagnosi di disabilità del nascituro.

Diritti specifici da includere nella Convenzione dovrebbero essere:
- il diritto di piena inclusione e cittadinanza nella società;
- il diritto di condurre una vita indipendente e di realizzare le proprie potenzialità;
- il diritto alla libertà di associazione per garantire la propria rappresentanza e la tutela dei propri interessi specifici;
- il diritto alle pari opportunità e alla tutela in giudizio;
- il diritto all’informazione, e alla comunicazione attraverso l’utilizzazione di strumenti adatti alle esigenze specifiche;
- il diritto a ricevere ausili tecnologici atti ad assicurare l’accesso ad Internet e ad altre fonti di informazione, elettroniche o non;
- il diritto di accesso all’ambiente attrezzato e ai trasporti pubblici;
- il diritto all’istruzione e alla formazione professionale;
- il diritto al lavoro e alla sicurezza sociale;
- il diritto alla cultura e al tempo libero;
- il diritto a provvidenze compensative al solo titolo della minorazione, ecc.

La WBU propone che la Convenzione si applichi in modo graduale ma programmato, secondo fasi successive, in modo da risultare possibile per tutti gli Stati, indipendentemente dal livello di partenza. Propone, inoltre, un’ampia consultazione di tutte le organizzazioni rappresentative delle persone disabili, favorendo la partecipazione delle stesse alla discussione preparatoria in tutte le sedi.
Anche il Forum Europeo della Disabilità, che rappresenta 37 milioni di persone disabili in Europa, ha svolto un ruolo importante prima e durante le riunioni del Comitato Tecnico a New York.
Su proposta del Forum è stato promosso un maggiore coordinamento e un efficace scambio di informazioni tra le diverse organizzazioni rappresentative. A tal fine sono stati proposti un programma d’azione comune, l’elaborazione di una bozza di convenzione da sottoporre al Comitato, la predisposizione di materiale informativo e la creazione di un sito dedicato.
In occasione della propria Assemblea Generale del 2002, il Forum ha approvato una risoluzione in cui si riconosce l’importanza della futura convenzione e si raccomanda la creazione di un sistema di monitoraggio della sua attuazione.
Anche l’Unione Europea si è schierata a favore della promulgazione della convenzione di cui si tratta e la Commissione Europea ha recentemente pubblicato una Comunicazione in cui illustra le ragioni a favore di tale scelta. Resta solo da augurarsi che le gravi vicissitudini che l’Organizzazione delle Nazioni Unite sta attraversando in questo periodo non compromettano anche la realizzazione di questo ambizioso progetto.