Wagner a Bologna

La scelta rischiosa e innovativa di rappresentare un’opera di Wagner, per quanto nata da una crisi d’identità culturale, trasformarono Bologna nella sede ideale dove trovarono cittadinanza le espressioni più avanzate della musica della seconda metà dell’ottocento.

Maria Chiara Mazzi

Il rapporto tra Bologna e Richard Wagner, l’infatuazione della cultura e della gente della città per l’opera del compositore tedesco, costituisce uno dei casi musicali italiani più interessanti.
Il 1° novembre del 1871 al Teatro Comunale di Bologna viene rappresentata, per la prima volta in Italia, un’opera di Wagner, il Lohengrin, una scelta rischiosa e innovativa, ma non casuale, che incarnava il desiderio di rivalsa della società e della cultura bolognese, in crisi dopo la partenza di Rossini avvenuta nel 1851.
Il processo di avvicinamento a Wagner, infatti, coinvolse non solo uomini di cultura, ma anche politici (tra i quali il sindaco Camillo Casarini) che avevano l’intento comune di far sì che a Bologna trovassero sede e cittadinanza le espressioni più avanzate della musica del momento. Si cominciò con l’apprezzare compositori e opere che non avevano trovato cittadinanza in altri luoghi della penisola: Meyerbeer e Gounod, ma anche il Verdi meno amato. In questo senso, il momento più significativo, che nella coscienza cittadina riconsacrerà Bologna a centro culturale d’Italia, fu la prima rappresentazione italiana del Don Carlos nel 1867; l’opera ebbe un trionfo, le cui motivazioni sono ben spiegate dal Monitore: Siccome l’arte cosmopolita a Bologna non cessa di raccogliere tutte le primizie, non escluse quelle venute dall’estero, alle quali fa viso amico, accordandole subito con entusiasmo la carta di naturalizzazione[...] quest’anno non si è trattato di accordare ospitalità a cose straniere; ma invece si è ricevuto un lavoro tutto nostro, un lavoro nazionale, perché dovuto alla penna di Giuseppe Verdi, di quel colosso che è anello di congiunzione fra un grande passato ed un più grande avvenire. Alle discussioni estetiche e musicali cominciarono a partecipare anche personalità di varia cultura; nei club e nei caffè infuriava la discussione tra i conservatori e i progressisti, ed erano medici, come Bassi (autore di una guida tematica delle opere wagneriane) o ingegneri come Lambertini (che lamentava la brevità delle scene wagneriane) a reggere le fila della polemica. Il successo clamoroso di Lohengrin arrise a tutte le altre opere del Tedesco sulle scene bolognesi, compresa la Tetralogia del 1883, anche se sicuramente il momento centrale di questa vicenda fu l’attribuzione della cittadinanza a Wagner il quale giunse in città accolto trionfalmente nel 1876 per la rappresentazione del Rienzi.
A coronamento dell’avventura sta però un altro record bolognese: la prima rappresentazione mondiale fuori da Beyreuth di Parsifal il 1° gennaio 1914, con la quale la città ribadiva al mondo la sua vocazione wagneriana, mista di fanatismo e misticismo. Quella del Capodanno 1914 fu una grande giornata: Sembrava che nell’arco squisito la folla traboccasse come da un’urna deliziosa. Ogni spettatore aveva in mano una brava guida tematica, redatta dal wagneriano Bassi, pubblicata da Ricordi. Una specie di iter propedeutico, un rito all’iniziazione di quella nuova religione. Una giornata che coinvolse la città in ogni suo ambito e che concluse, quasi come un ultimo atto, un’avventura culturale ma anche sociale, iniziata in quel lontano 1871.