Vela per non vedenti

“L’intenzione non è quella di fare una barca di ciechi ma di uscire al largo per godersi il silenzio che permette di apprezzare il rumore delle onde, degli uccellini, del vento e la sensazione di immensità che solo il mare può dare”

Si deve al velista Alessandro Gaoso l’intuizione che i ciechi, se ben addestrati, hanno le stesse possibilità di un vedente di andare in barca a vela. Durante una regata notturna egli intuì che anche al buio, senza riferimenti visivi validi, era possibile, per un esperto navigatore, governare una barca grazie a tutte le indicazioni che la barca stessa forniva.
Determinato a realizzare il suo progetto, nel 1995 creò la prima scuola nautica capace di formare un equipaggio di velisti completamente privi della vista, Progetto Homerus.
Di fatto il vento non si vede ma se ne apprezza intensità e direzione attraverso percezioni epidermiche.
Il corretto orientamento della vela si percepisce attraverso la vibrazione tattile che è trasmessa dal timone e dall’inclinazione dello scafo, percezione squisitamente labirintica e propriocettiva.
Si tratta, quindi, di sensazioni limbiche che donano stato di appagamento e vicinanza con la natura.
Già oggi è possibile portare a termine una regata di match-race in tutta sicurezza grazie a semplici boe sonore e a suoni di via (in sostituzione delle luci di via), che permettono di distinguere la posizione e le mura della barca avversaria, nonché di segnalare le proprie; la frequenza di segnalazione è indirettamente proporzionale alla distanza dell’ostacolo, fino a diventare un segnale continuo (rotta di collisione).
Il mare, il vento e la barca si integrano in un evento unico che il navigato rerecepisce e di cui gode.
Come l’equitazione, anche la vela è particolarmente adatta e, nel contempo, utile al non vedente.
Le sensazioni sono, per certi aspetti, molto simili a ciò che prova il cavaliere quando entra in sintonia con ilcavallo durante una seduta di ippoterapia.
Paradossalmente la carenza visiva esalta la capacità di recepire informazioni sensoriali diverse, permettendo così di governare adeguatamente il vascello.
Per gli ostacoli e per rotte precise, se non si dispone di attrezzature sonar, elettroniche e GPS (Global Positioning System) adeguate è meglio affidarsi agli occhi di un buon secondo.
Ma l’intenzione non è quella di fare una barca di ciechi o di battere i vedenti  del calibro di Giovanni Soldini in una ipotetica gara al buio, come realmente è successo non tanto tempo fa, ma di uscire al largo per godersi il silenzio che permette di apprezzare il rumore delle onde, degli uccellini, del vento e la sensazione di immensità che solo il mare può dare. E allora alla tecnologia si preferisce spesso la compagnia, a bordo e nell’equipaggio, di persone vedenti, che sono in grado di andare oltre la funzione chiesta ai radar.
L’esperienza di un non vedente che governa una barca a vela è stata raccontata da Mario Barbuto, che ha imparato frequentando una scuola specializzata.
Nell’ultimo numero della rubrica AbiLHandicap, in onda tutti i martedì alle 14.00 su Rai Tre Emilia Romagna è stato trasmesso una filmato dimostrativo con il racconto diretto dei protagonisti, spiega Nelson Bova, il curatore della rubrica, si cerca di dimostrare che i diversamente abili  possono fare esattamente le stesse cose dei cosiddetti normodotati, quando si esaltano le abilità insite in ognuno di noi, invece di concentrare tutta la nostra attenzione sulle disabilità più o meno manifeste.

Federico Bartolomei