CELLULE STAMINALI:
QUALE FUTURO

Direttore della cattedra di Ottica Fisiopatologica
Università degli Studi di Bologna


Cosa sono le cellule staminali

La moltitudine e diversità di cellule che costituiscono il nostro organismo hanno origine da un’unica cellula, che dopo la fecondazione, ha cominciato a moltiplicarsi suddividendosi.
Le cellule figlie però non sono uguali fra loro ma, continuando a proliferare, acquisiscono forme e funzioni assai differenziate. Talune diventano cellule nervose, altre cutanee, ossee, muscolari, ematiche e così via, fino a completare tutti gli organi del nostro corpo.
Nei vari tessuti permangono riserve più o meno abbondanti di cellule ancora non differenziate, che sono utilizzate prima per la crescita e quindi per il rinnovo dei tessuti.
Queste cellule non differenziate vengono indicate come cellule staminali.
In linea teorica, disponendo di una cellula staminale, coltivandola ed indirizzandone la differenziazione, si può costituire o ricostruire un intero organo.
Da quando, nel 1998, James Thomas è riuscito a coltivare cinque linee cellulari prelevando cellule staminali da embrioni, sono sorte prospettive esaltanti. La sostituzione di organi usurati o malati è sogno antico; riferendoci alla mitologia greca del miracoloso rigenerarsi del fegato di Prometeo, forse anche inquietante.
I risultati della ricerca, specie se coniugati con la gnomica, giustificano fondate speranze.
Di fatto, per guidare la differenziazione di una cellula staminale, per indurla cioè a divenire fegato, cervello o cute, bisogna gestire l’espressione dei suoi geni.
La cellula staminale ha nel suo DNA i programmi genetici di qualsiasi tipo di tessuto; nel caso si desideri, ad esempio, tessuto cerebrale, è necessario attivare solo il programma specifico, zittendo tutti gli altri. Nel caso di tessuti complessi, cioè costituiti da cellule non tutte eguali, il gioco di regolazioni è più delicato ed ancora più complesso, quando sia necessario definire esattamente rapporti e connessioni fra le diverse cellule.
Il problema è in parte risolto dalla intelligenza delle cellule staminali: se impiantate in un certo tipo di tessuto, esse spontaneamente tendono a seguirne l’esempio, differenziandosi in quel tipo di tessuto.
Per il momento si sono ottenuti risultati soddisfacenti, anche se preliminari, solo per tessuti semplici come la pelle, l’epitelio della cornea, il cuore e particolari tipi di neuroni cerebrali e del midollo. Le difficoltà tecniche non sono poche e sono accentuate da remore etiche e religiose. Per comprenderle è necessario precisare che esistono diversi tipi di cellule staminali: embrionali, fetali, placentari, adulte.
Quelle più efficaci, in quanto dotate di capacità di replicazione estremamente ampie, sono le embrionali.
L’embrione, anche se costituito da poche cellule, e prima che si impianti nell’utero, quando cioè è un semplice grappolo di cellule, è considerato già essere vivente e manipolarlo autorizza riserve morali.
Le cellule fetali, offrono possibilità di applicazione terapeutica molto più limitate, in quanto sono di difficile reperimento, potendo derivare esclusivamente da aborti entro la terza settimana, e sono in numero limitato, per cui sarebbero necessari più feti per ogni singolo paziente.
Caratteristiche abbastanza simili a quelle embrionarie primordiali posseggono le cellule staminali placentari, reperibili nel sangue placentare.Questo sangue è ricco di cellule staminali ematopoietiche, in grado cioè di dare origine ad ogni altra specie cellulare del sangue.
Sono molteplici le patologie che possono beneficiarne: l’anemia falciforme e le patologie con deficit enzimatici ereditari ad esito infausto, come la sindrome di Harler. Le cellule staminali placentari, inoltre, generano non solo cellule ematiche ma anche microglia, cellule di supporto dei neuroni cerebrali, produttrici dell’enzima carente.
Deficit immunitari congeniti (SCID) e leucemie trovano nel sangue placentare valida risoluzione. Essendo il sangue contenuto nel cordone ombelicare relativamente poco ed essendo la concentrazione delle cellule staminali modeste, si sono attivati laboratori in grado di espandere in coltura le cellule staminali.

Cellule staminali somatiche

Nei tessuti adulti permangono cellule staminali che gestiscono sia l’automantenimento che il rinnovo del tessuto attraverso due tipi di divisione: uno proliferativo, in cui si generano due cellule staminali, ed uno differenziativo, in cui si generano due cellule di transito verso cellule tissutali mature.
L’automantenimento è garantito dall’equilibrio numerico tra i due tipi di divisioni. Tale modalità permette l’aumento o la riduzione di cellule staminali, in rapporto a contingenze specifiche e, inoltre, realizzandosi fra il compartimento delle cellule staminali e le cellule mature un compartimento intermedio, costituito dalle cellule di transizione, si introduce un ulteriore meccanismo di controllo attraverso la modulazione della lunghezza del periodo.
In sostanza, in un tessuto adulto, opera una evoluzione cellulare direzionale, in analogia a quanto si verifica in fase embrionaria fetale, per cui da una cellula altamente immatura e ad ampia potenzialità differenziativa si giunge alla formazione di cellule mature specifiche del tessuto.
Va precisato che le cellule staminali somatiche possono, qualora sussistano anomalie genetiche, essere riprogrammate e poi espanse.
La ricerca sull’impiego clinico, già verificato o in via di sperimentazione, è ampia: il morbo di Alzheimer, il morbo di Parkhinson, malattie degenerative del sistema nervoso e articolare, miocardiopatie, leucemie, epatopatie, ecc… troveranno nelle cellule staminali prossima soluzione.
E per l’occhio?
La cornea già ne beneficia, mentre difficoltà maggiori si hanno per la retina, dalla estrema complessità organizzativa e cellulare, già definita alla nascita da una rigida programmazione genetica.
La conoscenza sui segnali che ne guidano lo sviluppo e differenziazione apriranno prospettive di ripristino strutturale e funzionale ragionevoli, anche se non immediate.
Questa delle cellule staminali adulte è la via italiana su cui l’attuale Ministro della Sanità ha puntato la ricerca.
In complesso, non solo speranze ma prospettive di poter, in un prossimo futuro, trovare risposta a molte patologie, anche di pertinenza oftalmica invalidanti quali quelle retiniche e neuroftalmologiche.

Renato Meduri