DISLESSIA

Le attuali acquisizioni neuropsicologiche della dislessia permettono procedure riabilitative capaci di garantire recuperi significativi

Direttore della Cattedra di Ottica Fisiopatologica
Università degli Studi di Bologna

Le caratteristiche della lettura dislessica sono: lettura lenta, irregolare, imprecisa, con trasposizione di lettere, in taluni casi salto di parole ed incapacità di correlare il nome con l’oggetto (LYONG R. 1995).
Anomalia descritta sul British Medical Journal nel 1986 ha incidenza a seconda degli autori fra il 2,6% e il 22% nei bambini in età scolare.
Sussistono evidenze su componente genetiche a loci multipli giudicanti varietà fenotipiche assai variabili (WIJSMAN E.M. 2000).
Fino agli anni venti era imputata a difetti visivi e trattata con ginnastiche oculare, anche oggi i bambini che manifestano difficoltà nella lettura vengono frequentemente inviati dall’oftalmologo e spesso corretti con lenti comunque inefficaci.
Nelle forme fenotipicamente modeste, l’iter scolastico risulta relativamente ostacolato, in quelle più complesse si richiedono ingrandimenti di supporto che non sempre adottano strategie specifiche.
Le attuali acquisizioni neuropsicologiche della dislessia permettono procedure riabilitative capaci di garantire recuperi significativi.
L’evento lesionale di base è una carenza di elaborazione delle unità grafologiche elementari dette grafemi (per la lingua italiana che si pronuncia come si scrive ciascuna lettera è un grafema).
L’acquisizione del significato di ciascuna parola scritta si realizza innanzitutto nel trasferimento dall’occhio alle aree paravisive occipitali dei singoli grafemi nel loro contenuto formale e cromatico.
Questi ad opera di un modulo neurale sito a livello del giro frontale inferiore dell’emisfero sinistro (area di Broca) vengono tradotti in fonemi cioè nel loro corrispettivo suono. II processo è indicato come elaborazione fonologica. Il centro di Broca nella donna è attivo anche nell’emisfero destro e questo giustifica la prevalenza della dislessia nel sesso maschile.
I segnali vengono poi inseriti in sistemi neuronali distribuiti nel giro sopramarginale e temporale superiore e mediano dove si realizzano l’identificazione e l’attribuzione di significato con accesso quindi alla coscienza.
Nel soggetto dislessico sussiste un ritardo o una carenza nella capacità di tradurre i grafemi in fonemi, per cui i segnali che giungono ai moduli cognitivi sono insufficienti e non tali comunque da permettere la identificazione del significato dello scritto (Sallye Shayvoitz 1996).
In taluni casi la disorganizzazione del modulo fonologico può risultare più profonda e negativizzare anche il parlato, con più o meno evidenti disabilità o ancora portare a difficoltà a correlazione fra oggetti e nomi (anomia) caratteristico l’attribuzione di quella cosa ad indicare oggetti anche comunemente usati.
Una strategia idonea ad evidenziare turbe dislessiche è invitare il soggetto a pronunciare una parola ed a ripeterla privandola della lettera iniziale (Es. coro - oro, sera - era).
Tale operazione prevede la capacità di segmentare le parole nelle singole componenti fonemiche (coro c-o-r-o), funzione che attuandosi selettivamente nel modulo fonologico, nel dislessico è caratteristicamente alterata.
Si tratta di un test scarsamente influenzato dalle capacità cognitive e dal grado culturale e somministrabile anche a bambini di 5-6 anni di età.
Un elemento che va sottolineato in senso patogenetico è che la processazione fonetica nel dislessico non è assente ma richiede tempi anche vistosamente prolungati rispetto a1 normale: si passa dai 40 ms fisiologici a 400 ms ed oltre.
È così comprensibile come ad esempio la parola rovo per il dislessico sia indistinguibile dalla parola covo.
Se i singoli fonemi vengono sufficientemente stirati la consapevolezza è resa possibile (cccooovvvooo) e con essa la lettura.
Sotto il profilo neurobiologico si desume che nel dislessico i substrati neuronali pur normalmente presenti manifestano anomalie funzionali di tipo verosimilmente organizzativo.
Trattasi comunque di anomalie reversibili come emerge da studi con metodiche spettroscopiche condotte su bambini sia dislessici che normali di età compresa fra i 10 e i 13 anni.
Nei bambini dislessici durante un compito di fonetica il livello dei lattato nel quadrante anteriore sinistro del cervello risultava significativamente più alto rispetto al gruppo di controllo normale.
1 soggetti dislessici sono stati sottoposti a trattamento foneticamente guidato per 12 mesi. Ripetuti i rilievi con eguale metodica sì è riscontrato che i livelli di lattato erano sovrapponibili fra i due gruppi. La qualità di lettura risultava nettamente migliorata.
Nell’iter riabilitativo il dislessico deve essere gradatamente allenato alla categorizzazione delle parole in base al loro suono (di norma l’insegnamento si svolge seguendo categorizzazioni concettuali cioè secondo associazioni fra scritto e oggetto, che il dislessico non è in grado di recepire).
Trattandosi di indurre potenziamento di connessioni neuronali è opportuno applicare stimolo coincidenti fra grafema e fonema, per cui i tempi di esposizione per ciascun fonema debbono essere in fase iniziale modulati identificando la soglia di ritardo soggettivo, il tempo cioè necessario al soggetto dislessico in esame per la correzione del grafema - fonema.
Si interviene così in maniera selettiva sui substrati neuronali responsabili dell’anomalia inducendone un progressivo rimodellamento che permette la velocizzazione e la progressiva automatizzazione dell’elaborazione fonologica.

Renato Meduri