Quando la libertà ha quattro zampe
I
l cavallo e l’handicap

“Già nell’antica Grecia, più di 2000 anni fa, erano riconosciute le capacità terapeutiche del cavallo ed i soldati feriti e menomati nelle battaglie, erano soliti usare questo mezzo per potersi riabilitare”

Irene Schiff

Era il 1979 quando a Bologna si cominciò a parlare e a mettere in pratica la Rieducazione Equestre, cioè la pratica dell’equitazione da parte di persone portatrici di handicap.
Già per il solo affermare che queste persone potessero praticare attività sportiva, si veniva scambiati per gente con le rotelle fuori posto, l’aggiungere che addirittura potessero andare a cavallo, comportava la scomunica immediata. Il commento più frequente era: ma non sanno camminare, non vedono, non capiscono, e li vogliono mettere su un cavallo! Oppure gli handicappati finiscono in mano a dei pazzi! Certo è stato difficile abbattere i pregiudizi, ma i portatori di handicap ci sono abituati e per loro si è trattato di un ostacolo superabile e come tale l’hanno superato, metaforicamente e fisicamente. Sì perché a cavallo ci sono saliti, hanno imparato a guidarlo e alcuni di loro oggi svolgono attività agonistica comprendente anche salti di ostacoli.

Cavallo come gioco, sport, benessere fisico e mentale
Già nell’antica Grecia, più di 2000 anni fa, erano riconosciute le capacità terapeutiche (attenzione, terapeutiche, non miracolistiche) del cavallo ed i soldati feriti e menomati nelle battaglie, erano soliti usare questo mezzo per potersi riabilitare. Poi questa pratica si è persa nel tempo ed è stata riscoperta solo nel nostro secolo, pardon, nel secolo scorso ed oggi si è evoluta e la si può distinguere in ippoterapia, rieducazione equestre, pre-sport e sport.

Ippoterapia
Si rivolge particolarmente a perone con danno neuromotorio come, ad esempio, paresi. Il cavaliere per poter stare in equilibrio ed assecondare i movimenti dell’animale, effettua movimenti che difficilmente, o con fatica, verrebbero stimolati altrimenti.

Rieducazione equestre
È praticata da soggetti con ritardo mentale o con disturbi comportamentali. Si lavora molto sulla conoscenza del proprio corpo, sull’orientamento e sulla fiducia in se stessi e negli altri.G. Segantini, Il galoppo

Pre-sport e sport
Si tratta di vera attività sportiva ed il cavaliere pratica le varie specialità di turismo equestre, salto, dressage.
La socializzazione e l’integrazione con le persone normodotate è elevata o completa.

E il rapporto fra cavallo e ipo o non vedente?
La personalità di chi ha un handicap visivo, presenta spesso forti capacità di concentrazione che sono alla base di ogni pratica sportiva in particolare di livello medio e alto, quindi queste persone dovrebbero essere particolarmente predisposte a questo sport. Però il cavallo anche se docile e abitudinario, vuole essere guidato e quindi il cavaliere deve possedere un buon senso dell’orientamento. Si viene quindi ad instaurare un rapporto bilaterale per cui attenzione, memoria, interesse e concentrazione vengono potenziati, anche perché l’animale risponde ai comandi del cavaliere premiandolo, cioè ubbidendogli e andando nella direzione giusta se i comandi sono esatti e punendolo, cioè stando fermo o facendo quello che vuole lui quando chi gli è sopra erra i comandi.
Ma questi rimproveri non vengono subiti con umiliazione, grazie alla relazione affettiva che quasi mmancabilmente si instaura con l’animale ed anzi aumenta la voglia di imparare con ancora più passione e velocità.Cavalli al galoppo
Inconsciamente, inoltre, il cavallo è l’animale simbolo di libertà (e di movimento e noi sappiamo che la libertà di movimento è un grande obiettivo conscio ed inconscio delle persone con handicap visivo). L’andare a cavallo può quindi aiutare a migliorare il livello di autostima il senso di sicurezza personale, lenendo le frustrazioni, anche perché il bambino, in particolare, ma comunque le persone di ogni età con handicap visivo, si rendono conto di compiere un’attività che spesso i normodotati non sanno fare. Quindi, non solo non si è inferiori agli altri, ma addirittura si è superiori.

Tutti a cavallo dunque
Perché no, con la consapevolezza di non aspettarsi miracoli ma con la voglia di imparare uno sport, dove la comunicazione sensoriale e affettiva fra due esseri viventi è particolarmente sentita, stimolante e proficua. C’è un’unica raccomandazione: prima di dare l’arrivederci al vostro amico a quattro zampe, fra carezze e paroline dolci, non dimenticate di dargli una carota. Vi sarà ancora più amico.