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La nuova frontiera dell'intelligenza animale.
Art. postato da F. Melis su smanettando, 13\02\2014, h. 11.01.

www.lescienze.it/news/2013/10/12/news/pensiero_animali_viaggio_mentale_tempo-1843544/

La nuova frontiera dell'intelligenza animale
La prova che alcuni animali sono in grado di compiere un “viaggio
mentale nel tempo” indica che hanno una comprensione del mondo che li
circonda più profonda di quanto finora ritenuto
di Justin Gregg

Santino era un misantropo con il vizio di tirare sassi ai turisti. Via
via che la sua fama di personaggio poco socievole si diffondeva, era
costretto a escogitare modi sempre più ingegnosi per tendere
un'imboscata alle sue vittime. Santino imparò a mettere i suoi sassi
appena fuori dalla vista fingendo di trovarsi lì per caso per sviare i
sospetti. Appena i passanti, ingannati, si convincevano che non avesse
cattive intenzioni, afferrava i proiettili nascosti e si lanciava
all'attacco.

Santino dimostrava quindi una notevole capacità di imparare dalle
esperienze passate e di pianificare per il futuro. Tutto questo è stato
a lungo ritenuto un segno distintivo dell'intelligenza umana. Ma un
articolo pubblicato di recente dallo psicologo Thomas Zentall,
dell'Università del Kentucky, sostiene che le cose non stanno
esattamente così.
Santino si finge spesso impegnato in altre attività per cogliere di
sorpresa i passanti. (Cortesia Mathias Osvath, Elin Karvonen)
Santino, vedete, non è umano. E' uno scimpanzé dello zoo di Furuvik, in
Svezia. Le sue furbizie nel lancio di pietre ne hanno fatto una
celebrità mondiale, attirando l'attenzione dei ricercatori che studiano
in che modo gli animali - come gli esseri umani - potrebbero essere in
grado di pianificare il loro comportamento.
Santino è uno dei pochi animali che, secondo gli scienziati, dimostrano
di possedere una complessa capacità cognitiva chiamata memoria
episodica, vlae a dire la capacità di ricordare eventi passati che si ha
la sensazione di aver vissuto personalmente. A differenza della memoria
semantica, che riguarda il ricordo di fatti semplici come “le punture
delle api fanno male”, la memoria episodica comporta mettersi al centro
del ricordo; per esempio, ricordare quella volta che avete colpito
un'ape con un giornale arrotolato e quella, irritata, vi ha punto la mano.
Se un animale, grazie alla memoria episodica, può immaginare se stesso
mentre in passato interagiva con il mondo - come Santino quando ricorda
di non essere riuscito a colpire un uomo che l'aveva visto con una
pietra in mano - è ovvio che potrebbe anche essere in grado di
immaginare se stesso nel futuro in uno scenario simile, e pianificare di
conseguenza il proprio comportamento. Santino potrebbe scegliere di
nascondere le sue pietre, e voi di non irritare le api.
La capacità di rappresentare se stessi e le proprie azioni con l'occhio
della mente - sia nel passato che nel futuro - è quello che gli
scienziati chiamano viaggio mentale nel tempo.
Il viaggio mentale nel tempo è un'arma fondamentale dell'arsenale
dell'intelligenza umana. Se funziona bene, siamo in grado di elaborare e
realizzare strategie di caccia complesse che ci permettono di dirigere
una mandria di mammut in un canyon per ucciderli più facilmente, un
trucco in cui eccellevano i nostri antenati del tardo Pleistocene. Se
funziona ancora meglio, siamo in grado di impegnarci per anni a ideare e
realizzare un progetto per inviare astronauti nello spazio e farli
atterrare sani e salvi sulla Luna. Ma se si scopre che anche altre
specie potrebbero avere un sia pur minimo accenno di questa abilità,
sorge il problema di quanto potremmo aver sottovaluto la loro capacità
di capire e interagire con il mondo.
Zentall sostiene che il viaggio mentale nel tempo basato sulla memoria
episodica è stato osservato in un certo numero di specie, tra cui i
primati non umani come Santino, i delfini, le ghiandaie, i ratti e i
piccioni. Le ghiandaie, in particolare, sembrano capaci di pianificare
il comportamento di occultamento delle riserve di cibo. In condizioni
sperimentali, hanno imparato a nascondere il cibo in posti in cui
sapevano che avrebbero avuto fame il giorno dopo, in modo da assicurarsi
che di avere sempre accesso in futuro al loro cibo preferito.
Esiste però una tradizionale opposizione all'idea che gli animali siano
capaci di viaggiare mentalmente nel tempo. Lo psicologo Thomas
Suddendorf, dell'Università del Queensland, sostiene che, nonostante "i
tentativi ingegnosi per dimostrare la memoria episodica o la simulazione
del futuro negli animali non umani, ci sono pochi segni che gli animali
agiscano con la flessibile lungimiranza così caratteristica degli esseri
umani”. Anche se animali come le ghiandaie possono essere capaci di
adattare il proprio comportamento in modo da migliorare la disponibilità
del cibo, non mostrano un'analoga flessibilità al di fuori di questo
ambito ristretto. A differenza delle ghiandaie, “gli esseri umani -
afferma Suddendorf – sono in grado di simulare virtualmente ogni evento,
e valutarlo in termini di probabilità e desiderabilità”.
Una ghiandaia, pronta a nascondere una nocciolina in vista dei tempi
duri. (© Tom Vezo/Minden Pictures/Corbis)
Di recente, però, Zentall, ha trovato un importante alleato in Michael
Corballis, psicologo dell'Università di Auckland, che prima sosteneva,
come Suddendorf, che la memoria episodica sarebbe stata una prerogativa
degli esseri umani. Nel 1997 furono proprio Suddendorf e Corballis a
coniare, insieme, l'espressione “viaggio mentale nel tempo” e a definire
una serie di criteri che potrebbero dimostrarne l'esistenza negli animali.
A quattro anni, i piccoli dell'uomo soddisfano questi criteri mostrando
la capacità di scegliere la chiave giusta per aprire una scatola mai
vista prima sulla sola base dell'esperienza passata con scatole e chiavi
simili. Gli animali in genere sono in grado di elaborare una soluzione
simile solo dopo l'esposizione ripetuta agli stessi materiali e nello
stesso ambiente, il che significa che potrebbero trovare la soluzione al
problema attraverso l'apprendimento associativo e non con un viaggio
mentale nel tempo.
All'inizio di quest'anno, Corballis ha però rivelato che una nuova prova
l'ha costretto a cambiare idea sulla possibilità che gli animali
soddisfacessero i criteri del viaggio mentale nel tempo. La prova che
gli ha fatto cambiare idea non arriva dall'osservazione del
comportamento degli animali, ma dalla misura dei loro cervelli. “Il
viaggio mentale nel tempo ha basi neurofisiologiche che risalgono molto
indietro nell'evoluzione, e non può essere - come hanno sostenuto
alcuni, me compreso - una caratteristica esclusiva degli esseri umani",
scrive Corballis.
Secondo una recente ricerca, infatti, l'attività cerebrale dei ratti
suggerisce che sarebbero in grado di immaginare le soluzioni dei
problemi con l'occhio della mente: per la precisione, un "occhio"
situato nell'ippocampo. Dopo aver fatto correre i topi in una serie di
labirinti durante il giorno, i ricercatori ne hanno misurato l'attività
neuronale mentre dormivano, concentrandosi sull'ippocampo, la parte del
cervello in cui era stata memorizzata la mappa mentale del labirinto. E'
così emerso che durante il sonno i topi non solo ripetevano le
esperienze vissute nel labirinto, ma ripensavano anche a quelle parti
del labirinto che avevano solo progettato di percorrere, senza poi
farlo. Per Corballis, questa è la prova neurologica che è all'opera un
viaggio mentale nel tempo.
Anche alcune osservazioni comportamentali sembrano una prova convincente
del viaggio mentale nel tempo negli animali, a prescindere dall'attività
cerebrale sottostante. In un esperimento, alcuni bonobo e oranghi sono
stati abituati a usare strumenti per recuperare ricompense alimentari,
per esempio una bottiglia di succo di frutta appesa a una corda,
raggiungibile solo con un gancio. Sapendo che probabilmente avrebbero
dovuto affrontare una situazione simile il giorno successivo, quando si
spostavano nella loro zona-notte, gli animali prendevano con sé lo
strumento appropriato per recuperare la loro ricompensa la mattina dopo.
Queste competenze non sembrano così lontane da quelle usate dai primi
esseri umani per pianificare la caccia ai mammut del giorno successivo.
Ma perché, allora, non vediamo molti altri esempi di animali impegnati
in comportamenti che dimostrano inequivocabilmente la possibilità di un
viaggio mentale nel tempo?
Nell'intelletto umano e nella capacità di cacciare con successo i mammut
e atterrare sulla Luna c'è naturalmente di più della sola memoria
episodica, e questi altri talenti intellettuali - non ultimo la capacità
di comunicare pensieri e progetti attraverso il linguaggio - appaiono
assenti negli animali non umani. C'è anche la questione di come potrebbe
essere coinvolta la complessa comprensione della mente propria e altrui.
Il viaggio mentale nel tempo probabilmente richiede una forma di
coscienza o di conoscenza di sé che permette agli animali di porre se
stessi al centro dei ricordi e dei progetti per il futuro, e gran parte
di questo dibattito serve a stabilire se il comportamento o l'attività
neurologica osservati negli animali sono la prova di una coscienza al
lavoro. La coscienza è la singolarità inconoscibile al centro della
scatola nera.
Zentall è fiducioso che la ricerca futura fornirà la prova che gli
animali hanno abilità, come il viaggio mentale nel tempo, che superano
di gran lunga quelle che noi oggi attribuiamo loro. Ha senz'altro
ragione. Ma, forzando lentamente il coperchio della scatola nera della
mente animale, gli scienziati continueranno a non essere d'accordo su
quali forme si vedono emergere dal buio.
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