sede
La sede delle immagini e' piu' attiva nei ciechi
La Repubblica del 14-01-2014

Le novità dal confronto tra fisiologi, informatici ed esperti di
intelligenza artificiale sulle funzioni nervose di questo senso.

In chi ha perso la vista, o ne è nato privo, come sono le strutture
nervose che gestiscono questo senso, il più importante, che fornisce il
75% delle informazioni che ci arrivano? Si sa, ad esempio, che se un
occhio smette di funzionare, dopo un po’ il suo nervo ottico, quello che
porta gli impulsi dalla retina alla corteccia cerebrale dietro alla
nuca, dove si generano le immagini, si assottiglia. E che ne è della
stessa corteccia cerebrale occipitale? Non ricevendo impulsi nervosi
dagli occhi si atrofizza anch’essa? In un non vedente dalla nascita, si
sviluppa come in un vedente? E le funzioni gestite dalle aree visive -
la rappresentazione dello spazio in cui ci troviamo, la valutazione
delle distanze, dell’orientamento degli oggetti nello spazio, del
movimento - sono altrettanto efficienti nel non vedente? E su che tipo
di sensazioni si basano?
Domande fondamentali da porsi prima di progettare ausili per non
vedenti. Le risposte stanno arrivando dalla ricerca neurofisiologica, e
al convegno di Boston promosso dalla Fondazione Andrea Bocelli, la più
sorprendente: nel non vedente le aree visive sono più attive che nel
vedente.
«Nei non vedenti la corteccia visiva viene “reclutata” dagli altri sensi
- ha spiegato Zaira Cattaneo, Bicocca, Milano, che con Tomaso Vecchi ha
pubblicato per Mit Press un libro con tutti gli studi pubblicati
sull’argomento - il cervello è un ottimo economo: non lascia
inutilizzata materia grigia. E allora i neuroni di questa parte del
cervello imparano a rispondere ad altri segnali, uditivi, tattili,
olfattivi. Lo si è scoperto con la risonanza magnetica funzionale (Mri)
o la tomografia a emissione di positroni (Pet) che rilevano
l’attivazione della corteccia occipitale mentre la persona cieca assolve
un compito tattile (come la lettura Braille o il riconoscimento tattile
di oggetti, etc) o uditivo (discriminare l’altezza dei suoni, etc). Non
solo, ma ci sono studi che dimostrano come la corteccia occipitale nei
non vedenti si attivi anche durante compiti puramente linguistici o di
memoria verbale, quindi per funzioni cognitive di alto livello, non solo
quindi durante compiti percettivi più o meno impegnativi».
Questa plasticità, detta cross-modale, si realizza maggiormente in
individui nati senza la vista o che l’hanno persa prestissimo. In
individui divenuti ciechi più avanti nella vita si riscontra in misura
minore. Si osserva anche una plasticità intra-modale. «Riguarda regioni
della corteccia che già elaboravano quel segnale sensoriale, e che dopo
la perdita lo fanno in maniera “amplificata” - conclude Cattaneo - la
zona di corteccia dedicata alla sensibilità delle dita può espandersi
nei non vedenti, che usano di più l’esplorazione tattile e in cui sono
più abili. Questi fenomeni di plasticità corticale hanno un riscontro
funzionale: i ciechi generalmente mostrano maggiori capacità di
discriminazione tattile, uditiva e olfattiva». (a. d’a.)
Torna all'indice