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DIGITALE Bambini touch, per imparare basta un tocco
Da Repubblica del 07\05\2013.

Grazie ai tablet e agli smartphone i bambini stanno acquisendo nuove
abilità. Lo dicono gli esperti. Secondo i quali siamo di fronte a una vera e
propria rivoluzione dell'apprendimento
dal nostro inviato MASSIMO VINCENZI
NEW YORK. "Inativi digitali hanno vinto la battaglia ed è questa la loro
fortuna". Marc Prensky, lo scrittore americano che ha inventato il termine
non ha dubbi. E la rivoluzione dei figli della nuova era prima ancora che
nelle ricerche scientifiche è scritta nella vita di tutti i giorni. Basta
guardarsi attorno per notare la facilità con cui i bambini padroneggiano
iPad, tablet e smartphone. E la vera novità, "la battaglia vinta", è che
questa loro abilità li renderà (giurano gli studiosi) ragazzi e poi adulti
più intelligenti, più svegli, più preparati dei loro fratelli maggiori, per
non parlare dei loro genitori. Molti dei quali però restano scettici sul
confine ad osservare quel che accade: "Ma commettono un grave errore. In un
mondo dove tutto è schermo, tutto va veloce, pretendere di usare ancora i
vecchi metodi per attirare l'attenzione è fatica sprecata. Oltre che
dannosa. Il flusso va governato non ignorato", spiega ancora Prensky.

La rivista The Atlantic dedica alla "Touch generation" un'inchiesta di
copertina. A Monterrey, in una palazzina, immersa tra la nebbia e la sabbia
dell'oceano Pacifico si trovano programmatori e sviluppatori di applicazioni
per piccolissimi: dai due ai cinque anni. I bambini riempiono le stanze e
non staccano gli occhi dai video che li circondano: attratti come Alice dal
suo specchio. E come Alice scivolano senza bisogno di aiuto nel paese delle
loro meraviglie: "Questa è la prima vera differenza", dice Warren
Buckleitner, un guru in questo campo, nonché organizzatore dell'evento.

Questo vuole dire che i piccoli sono autosufficienti "si muovono come pesci
nell'acqua" per usare la definizione di un analista dell'Huffington Post. I
gesti sono la loro guida infallibile, a quest'età infatti posseggono la
capacità di rappresentazione enattiva: ovvero non classificano gli oggetti
con le parole ma li associano ad azioni, per dire ho sete imitano l'atto di
portarsi il bicchiere alla bocca.

Da qui la naturale svolta con gli schermi touch, che tolgono di mezzo la
mediazione dei genitori: sono immediati, comprensibili, non servono
spiegazioni. Prendo quella macchinina sul video e la trasportoda un'altra
parte. Uso il mio dito come un pennello e tutto si colora come per magia,
come se il pensiero si trasformasse subito in qualcosa di concreto. Warren
Buckleitner cita il metodo Montessori: "Le mani sono il prolungamento
dell'intelligenza umana. C'è un momento in cui il bambino deve scoprire
quante più cose possibile e in questo l'i-Pad è un'occasione unica".

Uno studio dell'università di Georgetown prova inoltre che i bambini hanno
un rapporto di fiducia con la tecnologia: credono nei messaggi che
raccolgono e si comportano di conseguenza. Dunque imparano più in fretta. E
a differenza delle generazioni che li hanno preceduti imparano a cavalcare
l'onda: passano rapidamente da una nozioneall'altra in maniera orizzontale,
toccando perlustrano zone diverse del sapere. Mentre i loro fratelli più
grandi perdevano tempo a scavare buche di conoscenza: ore e ore su uno
stesso argomento. "Ma non è superficialità, è una qualità diversa, nuova",
spiegano gli esperti.

Persino l'associazione dei pediatri americani inizia a cambiare rotta: nel
1999 sconsigliavano ai genitori di far vedere la tv ai loro figli, adesso
parlano di "telefonini intelligenti e di un uso moderato delle nuove
tecnologie". Non una benedizione insomma, ma di certo la fine di una
battaglia ideologica. Il mondo scientifico rimane, ovvio, prudente: "Non ci
sono ancora studi che certificano con certezza gli effetti neurologici
dell'uso di questiapparecchi: i bambini come gli adulti hanno sensibilità
diverse ed è ancora difficile trarre conclusioni ". Le ricerche più serie si
occupano del rapporto tra tv e piccoli spettatori e da qui qualche idea può
venire.

Infatti si scopre che sono molto meno passivi di quello che pensiamo davanti
allo schermo e interagiscono con i personaggi che vedono. Ed è di questa
feritoia che si approfittano i sostenitori del tablet è bello.
Lisa Guernsey dirige l'Early Education Initiative e il suo ultimo libro "How
Electronic Media - From Baby Videos to Educational Software - Affects
Your Young Child" è considerata una Bibbia. Al New York Times dice: "Con il
touchscreen i bambini diventanoideatori e creatori del loro divertimento e
del loro apprendimento".

Reduce da un viaggio a Zurigo, dove tutte le scuole materne ed elementari
considerano l'iPad uno strumento indispensabile di lavoro, aggiunge: "Ci
sono app che stimolano i piccoli alunni a costruire il loro mondo e a
raccontarlo". Una in particolare permette di registrare la propria voce e di
descrivere quello che si vede durante una virtuale passeggiata nella natura.
Le parole, i gesti, i suoni si impastano in una unica narrazione e i bambini
organizzano tutte queste informazioni in maniera logica ed efficace.
Parlando con i personaggi da loro stessi disegnati, imparano anche ad
interagire con le persone reali, nella vita vera.

Le scuole sono le prime cartine tornasole della trasformazione in corso.
Negli Stati Uniti la battaglia per digitalizzare il sistema sin dai primi
anni di formazione ha un testimonial illustre: Bill Gates. Il leader della
Microsoft investe molte risorse della sua fondazione nella missione e in una
recente intervista spiega: "Pensate se i nostri figli potessero imparare la
matematica con la stessa passione che adesso dedicano ai videogame". E un
altro gigante come Robert Murdoch ha messo in campo la forza della sua
NewsCorp in un progetto che ha come slogan: "Un tablet in ogni classe".

Il mercato se n'è accorto da qualche mese. Nel 2006 il 90% dei genitori
ammetteva di dare cellulari e simili in mano ai figli, secondo un'altra
ricerca più recente due terzi dei bambini entro i sei anni possiedono o
giocano abitualmente con gli iPad. Numeri troppo grandi per non attirare i
dollari e così solo nell'Apple Store si contano 40mila baby app. E poi
ancora ecco tablet, tutti colorati e molto più resistenti disegnati apposta
per attirare i giovanissimi clienti, o meglio le loro mamme e i loro papà.
Una applicazione di un gioco didattico, dove si simula il lavoro dentro un
salone da parrucchiere, è stato scaricato un milione di volte nella prima
settimana del suo lancio.

Tutti i giornali, non solo le riviste specializzate, sfornano ogni settimana
la classifica delle migliori baby app. Le vendite degli e-book junior
crescono con numeri esponenziali, tanto che alcuni professori pensano di
rottamare quelli tradizionali: "Non servono più. Inutili farci tante
domande, i bambini amano questi nuovi libri dove i protagonisti parlano, si
sentono i suoni dell'avventura. Siamo noi che dobbiamocambiare la testa, il
metodo didattico: loro sono nel giusto".

E seWired scrive che ci sono segnali di effetti positivi dei tablet sui
piccoli pazienti autistici, qualche preoccupazione rimane. In Gran Bretagna,
rivela laBbc, sono sempre di più i bambini che devono ricorrere alle cure
degli psichiatri per guarire dalla dipendenza da smartphone. Il dibattito è
aperto, anche se forse ha ragione uno dei programmatori che stanno nella
casa laboratorio di Monterrey: "Capire se è utile o no, è un punto di vista
tipico di un genitore.

Correre in un prato è istruttivo? Non lo so, è comunque la vita di un
bambino non può essere dedicata solo a fare quello". Conta saper fare i
genitori e non aver paura delle novità: tutto all'inizio sembrava dannoso,
come osserva Hanna Rosin (giornalista e scrittrice) suThe Atlantic, la tv
avrebbe rovinato la vista ai nostri figli, i videogiochi li avrebbero resi
violenti, per fortuna non è accaduto niente di tutto questo.

Anche nell'era dei new media basta il buon senso. Nel suo libro Lisa
Guernesey detta regole elementari: bisogna sempre tenere presente il
contesto, il contenuto e il carattere del bambino. Poi capita che uno di
questi figli. com quando prende in mano l'iPad di famiglia va, forse per
caso, a cercare l'applicazione LetterSchool che insegna a leggere e scrivere
"come nessun libro di testo è in grado di fare". Forse per caso, o forse no.
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