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Da genitori a genitori (1)

Gruppo 2-3

Monica, Lorenza, Stefano, Giovanni, Antonella

Il nostro bambino è nato: e adesso?

Il nostro bambino è arrivato. Abbiamo aspettato questo momento a lungo parlando mille volte di lui, cercando di immaginare come sarebbe stato, a chi avrebbe potuto somigliare , se il nome che avevamo pensato sarebbe stato adatto a lui oppure no, come sarebbe cambiata la nostra vita di coppia nel caso del primo figlio o come avrebbero reagito gli eventuali fratelli o sorelle.

Probabilmente durante l’attesa non abbiamo avuto tutti lo stesso atteggiamento: i futuri papà in genere  sono abbastanza tranquilli, mentre le mamme, che sentono letteralmente  crescere il proprio bambino  dentro di sé, di solito hanno qualche timore, delle incertezze e delle paure più o meno forti, che cercano di placare con gli esami prenatali più diffusi che vengono prescritti abitualmente.

Al nostro gruppetto di genitori è successo qualcosa di imprevisto, qualcosa che questi esami non  hanno potuto vedere e  che ci è stato comunicato o al momento della nascita  o in seguito: nostro figlio non era il bambino che tutti si augurano di avere, cioè un bambino sano, ma un bambino con un problema (o anche più  di uno) importante, un problema che avrebbe sicuramente condizionato la sua e la nostra vita.

Conosciamo tutti l’importanza del senso della  vista nella vita e ci sono ben note la letteratura, le favole, gli aneddoti storici, l’immagine del  mendicante non vedente,  il sentimento diffuso nelle persone che considerano la perdita della visione  come uno dei mali peggiori che possano affliggere l’uomo, quasi un vero e proprio “castigo”.

Per questo sapere che proprio nostro figlio è colpito dalla disabilità visiva ci getta in uno stato di emozioni e sentimenti molto forti : disperazione, angoscia, rabbia, paura, depressione.

Come accaduto? Perché proprio mio figlio?

A volte la reazione dei due genitori può essere diversa e in particolare la madre può sentirsi fortemente in colpa, come se la malattia del figlio dipendesse da lei, dai comportamenti avuti durante la gravidanza , da chissà quale malattia o anormalità di cui non si era mai accorta. Le domande stesse dei medici, che ovviamente non possono astenersi dal fare, possono contribuire ad accrescere l’angoscia e i sensi di colpa della madre che può continuare a chiedersi quale imprudenza o negligenza avrà mai commesso per far si che suo figlio, in mezzo a tanti altri bambini nati sani contemporaneamente, si debba preparare a  un’esistenza tanto più  difficile e complicata.

La nascita di un bambino con disabilità è un evento che può capitare a chiunque e continuare a domandarsi  il perché sia successo a noi non aiuta a concentrarci sulle cose positive che ogni bambino, e quindi anche nostro figlio, contiene in sé.

Di chi è questo bambino?

Nessuno è preparato alla nascita di un figlio disabile e quando accade veniamo colpiti da sensazioni ed emozioni diverse e spesso contrastanti: il dolore, la rabbia, il senso di impotenza, forse anche la difficoltà ad accettare e a considerare come nostro questo bambino, che a volte  immediatamente al momento della nascita, a volte dopo un po’ di tempo, è così diverso da come potevamo essercelo immaginato. Ma ora questo bambino è qui  e noi individuiamo come momento decisivo quello in cui riusciamo ad accoglierlo ed  accettarlo,  pensando soprattutto al suo benessere e al soddisfacimento delle sue esigenze che, oltre alle sue peculiarità, sono quelle comuni ad ogni bambino. Pensiamo inoltre che sia importantissimo che l’accettazione del figlio (con tutte le valenze e  i significati che questa parola comporta), avvenga da parte di entrambi i genitori, evitando che sia uno solo dei due a “caricarsi” delle inevitabili problematiche quotidiane e non solo.

Abbiamo individuato come fondamentale il momento in cui accettiamo nostro figlio e entriamo in relazione con lui.

Può essere molto più difficile entrare in contatto con un bambino che non ci vede, ma non per questo bisogna rinunciare a  comunicare con lui  sperimentando vari e diversi canali attraverso il contatto fisico e sonoro, sfruttando le varie parti del nostro corpo, la nostra voce,  oggetti di uso quotidiano, giochi, musiche . Spesso occorre provare e riprovare varie volte e in momenti diversi per trovare le vie giuste,  mentre altre volte il risultato positivo può essere immediato. Osservare attentamente nostro figlio ci fa capire quali sono le cose che gli piacciono  e cosa invece non gli è  gradito. E’ importante capire le sue esigenze anche se a volte questo può significare dover cambiare le nostre idee o le nostre esperienze personali. Dobbiamo quindi essere capaci di modificare il nostro bagaglio di esperienze  per poterlo adattare e utilizzare per le sue necessità.

L’importanza di farsi aiutare

Ci sentiamo sempre ripetere che il mestiere di genitori è un mestiere difficile, ma abbiamo la presunzione di pensare che il nostro, genitori di un figlio disabile, sia un pochino più difficile.

All’inizio il senso di solitudine può essere veramente molto forte e la sensazione prevalente è spesso quella di non sapere a chi rivolgersi per avere aiuto e consigli.

I genitori hanno bisogno di sapere che esiste qualcosa o qualcuno in grado di dare loro informazioni, di capire come comportarsi, di essere informati riguardo l’esistenza di  centri specializzati dove rivolgersi. E’ importante entrare in contatto con associazioni e gruppi di genitori con esperienze simili.

D’altronde, in base alla nostra esperienza, i genitori devono essere aiutati a credere in se stessi e nelle loro capacità (quante volte ci siamo sentiti frustrati e sminuiti dalle continue critiche relative al nostro modo di agire da parte dei vari esperti con cui siamo venuti in contatto!). A questo proposito pensiamo sia importante (anche attraverso lo scambio di informazioni con altri genitori) valutare attentamente con spirito critico, anche attraverso prove e tentativi, le varie informazioni che ci vengono date riguardo a centri, metodologie, esperti,  in modo da poter individuare quelli più adatti a nostro figlio.

All’inizio possiamo sentirci molto soli e isolati, ma è importante cercare di coinvolgere subito le figure che ci possono aiutare e che anche in seguito saranno figure importanti per il bambino: i nonni, i parenti, gli amici. Saranno sempre dei riferimenti per nostro figlio e permetteranno a noi genitori di avere dei momenti di riposo e di distacco per poter recuperare dei momenti in cui essere anche coppia oltre che genitori. Tocca a noi aiutare gli altri a capire come possono aiutarci dando loro tutte le informazioni che possono essere utili. Non dobbiamo pensare di essere onnipotenti, ma fare in modo che altri possano sostituirci dandoci così la possibilità di distrarci e riposarci.

Come comportarci se nostro figlio deve passare del tempo in ospedale

Spesso i nostri bambini necessitano nei primi giorni  e mesi di vita, di frequenti periodi di ospedalizzazione. In questi casi è molto importante occuparsi direttamente del proprio figlio il prima possibile, prendersi cura di lui e stargli vicino: non possiamo dimenticare che è prima di tutto un bambino che come tutti dipende dai suoi genitori e ha bisogno di loro.

Dobbiamo chiedere la collaborazione dei medici e degli infermieri che seguono il bambino affinché questo sia reso possibile, chiedendo anche di poter accompagnare nostro figlio in sala operatoria ad esempio, fino al momento di un eventuale anestesia, cosa che alcuni di noi hanno potuto effettuare.

Questa presa in carico del bambino, nonostante la situazione dolorosa  e complicata  dell’ospedalizzazione e della medicalizzazione, ci aiuta ad accelerare il processo di relazione e avvicinamento con nostro figlio, evitando di considerarlo un “problema” di cui si devono occupare esclusivamente i medici.

A chi somiglia?

Solitamente appena nasce un bambino, genitori, parenti e amici si chiedono spesso a chi somigli. E’ piacevole e gratificante scoprire che nostro figlio assomiglia sicuramente tutto al papà o che è uguale alla mamma, o al nonno, ma la forma del naso è uguale a quella della zia, ecc.

Tutto ciò qualche volta può risultare strano in presenza della disabilità, quasi come faticassimo (i genitori e gli altri) a rintracciare nell’aspetto di nostro figlio le cose che ci ricordano i nostri tratti somatici, ciò che lo può avvicinare a noi e renderlo ancora più nostro figlio. E’ quasi come se inconsciamente non lo volessimo riconoscere come il nostro “prodotto”.

Parlando di questo argomento all’interno del nostro gruppo ci siamo accorti di come ci sembri importante cercare queste somiglianze, nonostante nostro figlio non sia proprio il figlio che ci aspettavamo. Una mamma ci ha riferito che, durante questo gioco-ricerca delle somiglianze(ha il naso di…la bocca di…), gli occhi di sua figlia venivano  individuati come “gli occhi di Camillo”, dal nome del tecnico che aveva costruito le protesi oculari utilizzate da sua figlia. A volte anche un po’ d’ironia può aiutare a ritrovare  una situazione di normalità necessaria per la serenità del bambino e della famiglia.

Stargli vicino senza “intralciarlo”

Il nostro bambino ha bisogno di affetto e di serenità. Deve poter percepire dai  genitori e di chi gli è vicino, un comportamento naturale e non forzato. Deve avere il diritto di essere considerato come gli altri, senza essere trattato in modo eccessivamente protettivo e cercando di non trasmettergli le nostre paure. Deve poter conquistare, anche a volte faticosamente (per lui e per noi!), le proprie autonomie e  la propria sicurezza, sbagliando e riprovando come fanno tutti i bambini. Tutti noi abbiamo osservato nostro figlio quando iniziava a camminare, con tanta  gioia, ma  anche con un misto di  terrore e tristezza, pensando a quante e quante volte avrebbe sbattuto contro una porta, un mobile o fosse inciampato in un ostacolo…Ma nulla di ciò deve impedire al bambino di potersi muovere ed esplorare, adottando magari i normali accorgimenti per la sicurezza che si adottano per tutti i bambini, compresi quelli che ci vedono benissimo!

Problemi relativi al sonno

I bambini con disabilità visiva possono avere alterazioni nel ritmo sonno-veglia . Per aiutarli a distinguere il giorno dalla notte abbiamo impostato cicli, comportamenti ripetuti , rituali da mettere in relazione con i vari momenti della giornata, aiutandoci anche con  oggetti e giochi, cercando di separare bene le attività svolte di giorno da quelle della notte.

 

Come affrontare le difficoltà quotidiane

Spesso noi genitori possiamo sentirci in difficoltà. Vogliamo cominciare con un lungo elenco?  Non pretendiamo di dare ricette risolutive per tutti, ma possiamo semplicemente dare un’opinione in base alla nostra esperienza diretta.

Difficoltà “pratiche” : può succedere molto semplicemente quando non riusciamo a trovare un metodo che sia in grado di far comprendere a nostro figlio come svolgere una determinata attività quotidiana (lavarsi i denti, farsi la doccia, vestirsi, ecc..). Abbiamo per esempio tutti bene in mente la difficoltà  di insegnare al bambino ad allacciarsi le scarpe da ginnastica con le stringhe!

Come muoversi?

In seguito, potremo sentirci in difficoltà quando sarà necessario che nostro figlio inizi a muoversi anche all’esterno, guadagnando un autonomia via via sempre crescente,  nonostante le nostre paure e le innegabili difficoltà legate alla mobilità che incontreranno nei percorsi pedonali, nei marciapiedi spesso disastrati e pieni di ostacoli.

A questo punto, in base alla nostra esperienza, è necessario rivolgersi agli istruttori di orientamento e mobilità, affinché forniscano ai nostri figli, le indicazioni e le strategie per potersi muovere sempre più in autonomia (utilizzo del bastone, dei mezzi pubblici, orientamento stradale, attraversamenti, ecc…)

A questo proposito ci siamo resi conto che ,mentre naturalmente è possibile un primo approccio al bastone bianco da un punto di vista semplicemente conoscitivo anche quando il bambino frequenta le scuole elementari, per poter proporre un utilizzo propriamente finalizzato al movimento è meglio aspettare che il bambino abbia acquisito una serie di competenze ad esempio  relative all’orientamento spaziale, allo schema corporeo  e alla percezione del pericolo che solitamente acquisisce negli anni delle scuole medie. Sappiamo che “ l’incontro/scontro “con il bastone bianco può creare sentimenti di forte disagio e di resistenza non solo da parte del bambino, ma anche da parte della famiglia stessa. Si rende evidente una situazione che a volte , più o meno inconsciamente, siamo stati tentati di nascondere o di “rimandare”. Abbiamo però constatato che quasi sempre il desiderio di autonomia nei nostri figli ha reso possibile il superamento di questa possibile difficoltà di accettazione e ha fatto si che il bastone bianco diventasse l’ausilio necessario da infilare sempre nello zaino o nella borsa e da avere sempre con sé.

Come fargli conoscere le cose?

A volte possiamo sentirci in difficoltà quando nostro figlio, facendo le innumerevoli domande che fanno i bambini, ci chiede di spiegargli concetti di vario tipo, astratti o concreti. Qui ci possono venire in aiuto libri tattili, oggetti, giochi, manufatti di vario tipo, oltre a una buona dose di voglia di parlare e spiegare  da parte di noi genitori. A questo proposito vogliamo sottolineare l’importanza di sfruttare il più possibile la tattilità e i sensi residui al fine di evitare il rischio del verbalismo, cioè di una conoscenza basata solo sulle parole, ma priva di concretezza e quindi potenzialmente scorretta.

Come aiutare gli altri a relazionarsi con i nostri figli?

Spesso noi genitori ci sentiamo in difficoltà nella relazione con gli altri, che si possono sentire imbarazzati e insicuri nell’atteggiamento da seguire quando entrano in contatto con i nostri figli: può succedere che, trovandosi di fronte a un bambino non vedente, tendano magari ad aiutarlo subito e in maniera eccessiva. Oppure possono reagire nel modo opposto, tendendo a chiudersi o ad allontanarsi per paura di non sapere come comportarsi. O ancora possono fare commenti o avere reazioni che ci possono ferire. Nelle nostre chiacchierate fra genitori  è emersa anche la fatica  a gestire la nostra frustrazione che può scattare quando inevitabilmente, ci troviamo a dover confrontare i nostri figli con i bambini normodotati.

Noi genitori possiamo aiutare gli altri a conoscere la disabilità di nostro figlio , cercando elementi di comunicazione, parlando con loro e stimolarli così a capire quali possono essere i modi di relazionarsi con il nostro bambino. Non dobbiamo dimenticare che chi vive la disabilità da una posizione esterna, spesso non sa nulla delle peculiarità e delle caratteristiche che ne fanno parte.

E’ difficile e forse non realistico pensare di eliminare completamente la sofferenza che possiamo sentire in questi momenti. Con il passare del tempo però inevitabilmente  capiamo e apprezziamo le potenzialità e le risorse dei nostri figli, il loro valore , le loro conquiste, la capacità di vivere con gli entusiasmi, le gioie, gli interessi degli altri bambini , tutto ciò  insieme ai loro limiti. La sofferenza diventa allora via via meno acuta, più stemperata e “vivibile”.

Crescere ed esplorare il mondo

Quando il nostro bambino inizia a spostarsi, rotolando, gattonando o cercando di camminare, dobbiamo aiutarlo e permettergli di conoscere quello che sta intorno a lui, sia negli ambienti interni che all’esterno. L’esplorazione diretta degli oggetti e della realtà che lo circonda, è molto importante per il bambino non vedente. Infatti, non potendo vedere attraverso la vista le cose, gli oggetti, l’ambiente che lo circonda, deve essere stimolato a conoscere le cose utilizzando gli altri sensi. A questo proposito è  importante risvegliare la sua curiosità nei confronti del mondo che lo circonda, per evitare che il bambino possa avere dei lunghi periodi di noia, di chiusura in se stesso e di disinteresse.

Occorre  quindi dargli la possibilità di esplorare gli spazi e gli oggetti (compreso il cibo) , aiutandolo inizialmente negli spostamenti e in seguito lasciandolo libero di muoversi perché possa  conoscere la realtà che gli sta intorno. Come per qualsiasi bambino piccolo adotteremo i normali criteri di sicurezza, evitando le situazioni più chiaramente pericolose, ma cercando contemporaneamente di non avere paure eccessive che sarebbero di ostacolo allo sviluppo del bambino e delle sue conoscenze, anche se a volte non è così semplice.

Quali giocattoli?

I giocattoli sono uno strumento importante per la crescita del bambino. In base alla nostra esperienza abbiamo notato che per il bambino non vedente possono essere utili sia giocattoli “normali” che giocattoli per così dire “adattati”. I genitori possono anche autoprodurre giocattoli in materiali poveri  per favorire il processo di astrazione  (il classico esempio della scopa che fa le veci del cavallo da cavalcare).

Altri giocattoli molto utili sono il carrello della spesa, la carriola, il carrello delle pulizie, che facilitano l’esplorazione dello spazio facendo sentire il bambino più sicuro e  autobus e  camioncini da trainare. Quando il bambino è piccolo ovviamente spetta a noi proporgli giocattoli di vario tipo, mentre in seguito sarà lui a  fare richieste sempre più precise e a volte  particolari, che richiederanno la nostra(o quella di un nonno abile e volenteroso!) capacità di inventare oggetti-giocattoli , che   servano  a  divertire, appassionare, incuriosire e crescere . Ricordo ancora alcune richieste di mio figlio oggi ormai diciottenne: un parchimetro (costruito con delle scatole da scarpe), un ascensore (idem),  una funivia, un rullo trasportatore…

L’importanza dell’attività sportiva

Parlando all’interno del nostro gruppo non abbiamo potuto fare a meno di rilevare l’importanza di un adeguata attività fisica e sportiva. Troppo spesso abbiamo constatato che il bambino non vedente non viene ritenuto “adatto” a svolgere attività sportive: si pensa sia pericoloso, difficile e spesso si incontrano anche delle difficoltà da parte delle varie società sportive ad accogliere i nostri figli. Inoltre incontriamo rifiuti  e resistenze anche da parte degli insegnanti di educazione fisica all’interno della scuola. A volte ci siamo sentiti proporre di ”esonerarli” dalle lezioni di educazione fisica o di utilizzare queste ore per fare altre cose, quando non si è arrivati al punto di non fargli fare nulla durante la lezione! In queste situazioni i genitori devono esigere che il bambino possa partecipare alle ore previste in palestra. Infatti si capisce bene come la mancata attività fisica sia  dannosa per lo sviluppo di nostro figlio: l’attività sportiva, il cimentarsi con il proprio corpo scoprendone i limiti, ma anche le sconosciute potenzialità è importantissimo per il nostro bambino, sia per un corretto sviluppo fisico, sia in termini di accresciuta sicurezza, autostima e  coscienza di sé e delle proprie possibilità.


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